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LA PARCELLA DEL CONSULENTE AUTONOMO:

Come si calcola e cosa comprende? 

Il mondo della consulenza ha visto il primo anno di vita delle sezioni dell’albo dedicate ai consulenti fee only (denominati consulenti autonomi) e alle società di consulenza finanziaria (Scf), che si aggiungono a quella che raggruppa i consulenti abilitati all’offerta fuori sede con mandato (ex promotori finanziari).

L’ingresso nell’Albo toglierà i professionisti fee only dal limbo burocratico, senza alcun riconoscimento giuridico, nel quale sono rimasti confinati per oltre dieci anni. Come ogni libero professionista (avvocato, commercialista, medico, etc…) il consulente finanziario autonomo riceve un compenso direttamente dai suoi clienti.
Ciò avviene attraverso il pagamento di una parcella che viene preventivamente concordata.Il termine Fee Only significa appunto “a parcella”.

Nel contratto di consulenza, infatti, viene chiaramente specificato che il Consulente Finanziario autonomo si impegna a non percepire alcun compenso diretto o indiretto da parte di altri soggetti (banche, compagnie assicurative o società prodotto) che non siano il cliente stesso. Questo concetto è fondamentale: non essendoci retrocessioni da parte di altri, il consulente finanziario autonomo lavora unicamente nell’esclusivo interesse del suo cliente.

Caratteristiche della Parcella.

La parcella in genere comprende:
l’attività iniziale di analisi di tutti gli strumenti in possesso del cliente;
la rinegoziazione di tutte le condizioni bancarie;
l’assistenza presso l’ istituto di credito per la vendita e l’acquisto dei nuovi strumenti consigliati;
Raccomandazioni personalizzate
il monitoraggio costante nel tempo delle posizioni.
Pianificazione finanziaria e patrimoniale

Il valore della parcella varia in funzione di:
dimensioni del patrimonio;
complessità dell’assistenza richiesta;
livelli di pianificazione richiesti.

La determinazione della parcella
ll consulente può strutturare le parcelle in un modo che siano sostenibili per i suoi clienti. La cattiva notizia è che spesso è difficile decidere su una struttura perché ci sono tante opzioni – il famigerato paradosso del problema della scelta. E anche una volta scelto l’approccio che si può adattare, è comunque necessario stabilire il livello delle parcelle, in modo da garantire la redditività del consulente e la sostenibilità del cliente.

E’ possibile chiedere come parcella una % dei profitti del cliente?

Riteniamo che in taluni casi ciò potrebbe portare a forzature, contrarie all’interesse del cliente.
E’ però possibile determinare in sede contrattuale un compenso misto: ossia un compenso fisso ed una percentuale in relazione ai risultati ottenuti. In ogni caso deve esistere una proporzione tra parte fissa e variabile tale da non spingere il consulente a preferire scelte rischiose nel tentativo di aumentare il compenso derivante dalla parte legata ai profitti.

In caso di risoluzione di questioni specifiche (analisi di prodotti, perizie, accensione di un fondo pensione ecc.) il compenso può essere stabilito su tariffa oraria dopo aver presentato un preventivo al cliente..

Cosa accade negli altri Paesi?

Attualmente in Italia la pratica comune nell’advisory è quella di caricare una fee sugli asset in gestione del cliente.
Ma con l’aumento della trasparenza si potrà ancora giustificare un modello di questo tipo?

Negli USA i clienti stessi, senza una adeguata conoscenza a riguardo, non riescono a comprendere l’impatto a lungo termine delle fee sui loro investimenti.
Anche se pagare una fee dell’1% sugli asset sembra una modica cifra da pagare, in ottica a lungo termine “essa comporta una erosione significativa del patrimonio investito, che viene trasferito dal cliente ai gestori del patrimonio”.

Bisogna sempre ricordare che il cliente paga la fee sugli asset in gestione a cui occorre aggiungere i costi dei prodotti finanziari, che escludendo gli ETF, in Italia sono molto cari.
Come direbbe Totò: è la somma che fa il totale.

Performance fee

Alcune società statunitensi hanno applicato un altro tipo di commissione sono quelle di performance.
Ma questo modello commissionale usato prevalentemente dagli asset manager può andar bene anche per i consulenti finanziari ?
L’idea non è stata accolta con entusiasmo dal sistema.
Una delle complessità delle commissioni di performance applicate al servizio di consulenza è determinare un benchmark di riferimento.
“Si rischia di confondere l’investitore, che non percepisce se le performance sono in linea o meno con i suoi obiettivi”.
Tuttavia, tutti concordano sul fatto che la cosa più importante è farsi pagare il servizio di consulenza ma soprattutto dimostrarne l’effettivo valore.

Flat fee

I sostenitori della consulenza a parcella fissa. determinano le commissioni in base al costo del servizio e al suo valore.
Per replicare il modello impiegato dagli avvocati o dai commercialisti, bisogna valutare in anticipo le commissioni e il tempo trascorso con un cliente. Ma non è facile determinare l’effettiva parcella per i servizi offerti per ogni cliente. Mentre è abbastanza facile stimare una parcella basata sulle attività di pianificazione finanziaria, più complicato risulta definire il costo relativo al tempo impiegato nella gestione della pianificazione.
“Poiché alcuni obiettivi di investimento sono più impegnativi di altri, chiaramente si paga un servizio che riflette l’importanza degli obiettivi definiti dal cliente”.
Un modello a parcella fissa legata agli obiettivi che il cliente vuole raggiungere è quello più chiaro per il cliente.

Al momento in Italia i consulenti autonomi preferiscono invece una parcella fissa su base annuale. Anche se si inizia a palesare la necessità di calcolare la parcella in maniera flessibile in base ai diversi livelli di consulenza forniti.

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